Scende la notte

Nico si rifugiò in camera sua sbattendo la porta, gli occhi in preda alle fiamme. Non si accorse che poco più in là, Leo e la piccola Natalie si stringevano impauriti, ché quando Nico litiga con papà non si sa mai cosa può succedere.
“Lascia perdere, lo sai che non serve a niente”.
Leo aveva dodici anni e molto giudizio. Con discrezione posò lo sguardo sulla guancia arrossata di Nico. Il bruciore di uno schiaffo in piena faccia lui poteva solo immaginarlo, vantaggio d’eccezione per esser venuto al mondo e cresciuto quando Antonio Renzi era impegnato a seminare guai in giro per l’Europa.
Nico non gli rispose nemmeno. Tirò un primo pugno alla parete, croste d’intonaco a scivolare giù in uno sbuffo di polvere. Un secondo sulla scrivania fece volare una biro per aria.
Leo provò ancora una volta. “Nico, adesso basta”.
“Sta’ zitto!” La voce del fratello uscì a fatica, facendosi spazio tra le mascelle serrate.
“No che non sto zitto. Così la spaventi”.
“Zitto, ho detto. Cazzo!”
L’ultimo pugno, il più violento, Nico lo diresse alla porta.  Seguì un attimo di silenzio in cui gli occhi gli si riempirono di lacrime. Provò a nascondersi il viso tra le mani. Una era dolente e ferita. Leo capì che il peggio doveva ancora arrivare. Strinse Natalie ancora più forte e le intonò una ninnananna. La notte incuriosita cominciò a spiarli dalla finestra.

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